
Settembre 2025
Riflessioni di una naturopata su Agnes DeMille
Stavo guardando la seconda stagione di “Mercoledì Addams (Wednesday Addams)”, immersa come sempre nell’estetica gotica e tagliente della serie, quando mi sono ritrovata a riflettere su un personaggio che sembra essere marginale: Agnes DeMille.
Agnes ha un potere particolare, uno di quelli che nei mondi fantasy viene spesso preso alla leggera: l’invisibilità. Ma più la osservavo, più mi rendevo conto che il suo potere non è affatto un dono, né una metafora fantasy, ma è reale e quotidiano. Agnes non è invisibile solo nel corpo… è invisibile nell’anima. Ai compagni, agli amici, agli adulti.
E allora Agnes, che è stata ignorata troppo a lungo, decide di fare rumore. E lo fa nel modo più umano e insieme più pericoloso: cerca attenzione. Si trasforma da ombra fedele a stalker, da spettatrice a minaccia. Non perché sia cattiva, ma perché è stanca di non esistere. Vuole essere vista, riconosciuta, accettata.
È lo specchio di quello stato interiore che tante persone vivono ogni giorno: il sentirsi trasparenti, ignorati, fuori fuoco.
In un mondo in cui sembri esistere solo se hai qualcuno che ti guarda, se hai numeri che lo confermano (follower, like, views) l’invisibilità non è più una condizione rara, è una condanna silenziosa che colpisce chiunque non riesca a “bucare lo schermo”.
Viviamo in una società dove il valore di una persona è spesso misurato in base a quanto riesce a farsi vedere. Se nessuno ti segue, vali meno. Se non hai visibilità, sei fuori dai giochi. Ma cosa succede a chi non ha la forza di gridare, di mostrarsi, di esistere secondo le regole dell’algoritmo?
Nel mio lavoro, non mi prendo cura solo di corpi. Ascolto storie. E so bene quanto questa invisibilità faccia male.
Secondo la Medicina Tradizionale Cinese, l’invisibilità non è solo una condizione emotiva o sociale: è una disarmonia energetica.
Non è solo una sensazione. È qualcosa che si sente dentro: nel respiro che si accorcia, nello stomaco che si chiude, nella voce che non esce. È un dolore sottile, difficile da spiegare, ma reale.
C’è una stanchezza sottile che arriva quando ti sforzi di piacere, quando cerchi di essere vista, accettata, riconosciuta, ma il mondo sembra non accorgersi di te. E a un certo punto, ti viene da chiederti se vali abbastanza e nel frattempo impari a spegnerti, a non disturbare, a non brillare troppo.
Ti metti da parte e lentamente diventi invisibile anche a te stessa.
Come possiamo tornare a farci spazio nel mondo, senza dover gridare?
Come possiamo sentirci “visibili” senza diventare ciò che non siamo?
Ritornare a casa, dentro di sé
Secondo la medicina orientale, che accompagna spesso il mio modo di vedere e lavorare, quando perdiamo il contatto con noi stessi, ci “disperdiamo”.
L’invisibilità non è solo una condizione emotiva o sociale: è una disarmonia energetica.
Diventiamo instabili, insicuri, vulnerabili, ci aggrappiamo all’approvazione degli altri come se fosse ossigeno.
Nella visione orientale, ogni organo è connesso a emozioni specifiche. Quando qualcosa si squilibra, il disagio si manifesta nel corpo, nei pensieri, nel modo in cui ci relazioniamo con il mondo.
- L’energia del Cuore (Xin) è debole, la persona perde contatto con la propria identità profonda, lo Shen, cioè la propria coscienza e vitalità spirituale. Il Cuore non riesce più a “illuminare” la presenza nel mondo, e la persona tende a spegnersi, a ritirarsi, a diventare invisibile anche a sé stessa.
- Spesso, a questo si unisce uno squilibrio del Fegato (Gan), l’organo responsabile della libera circolazione del Qi e delle emozioni. Se il Fegato è bloccato, per rabbia repressa, frustrazione, senso di fallimento, l’energia non fluisce. La persona si chiude, si contrae. Non riesce più a esprimersi, resta invisibile.
- E infine c’è la Milza (Pi), legata al pensiero ripetitivo e al senso di autostima: quando è indebolita da eccessive preoccupazioni o dalla costante ricerca di approvazione esterna, il soggetto si scollega dal proprio centro e comincia a dipendere dallo sguardo degli altri per sentirsi reale.
Agnes, nella sua disperazione, ha cercato visibilità nel modo sbagliato, ma ci ricorda una cosa importante: il bisogno di essere visti è umano.
Solo che la visibilità che guarisce non arriva da fuori. Non si misura in like, in follower o nella misura in cui ci applaudono.
Arriva da dentro: quando impariamo a non ignorarci più.
E forse è proprio lì che comincia la vera guarigione, quando torniamo a guardarci con occhi nuovi, senza giudizio e decidiamo, ogni giorno, di non scomparire più.
Come naturopata, attraverso l’ascolto e le pratiche, aiuto le persone a ritrovarsi, a sentirsi di nuovo presenti, radicate, visibili ma prima di tutto ai propri occhi.
Perché a volte, non serve gridare per esistere.
Serve solo… tornare a sentirsi.